Perché dobbiamo inchinarci? Il segreto del Reigi

Chi di voi ha mai riflettuto sul significato del saluto? A tutti voi è chiaro perché lo si fa? Non vi è mai venuto il dubbio che sia una forma di ipocrisia o altro? Per chi non è proprio interessato non prosegua oltre con la lettura, mentre a tutti gli altri consiglio di perdere cinque minuti del loro prezioso tempo.

reiQuando facciamo il saluto rivolto al compagno di pratica, il rei, ormai dopo tanti anni non pensiamo più al suo vero significato, lo facciamo perché è una normale consuetudine, fa parte integrante della pratica, ma… una cintura bianca che da poco si è avvicinata a questo mondo marziale fatto di tradizioni millenarie a volte oscure, ha la purezza e l’innocenza di farsi mille domande, del tipo “Perché dobbiamo inchinarci?” e spero sia chiaro a tutti che non si tratta di un semplice saluto come una stretta di mano.

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È vero che serve anche a mostrare reciproca fiducia e rispetto per chi si ha di fronte, ma c’è anche molto altro. Quanti praticanti, non solo di karate, non hanno la minima idea di ciò che fanno, ma lo fanno perché gli è stato detto, magari con insofferenza per un rituale così lontano dalla loro vita quotidiana, dal loro retaggio culturale.

In sostanza è una “presa di coscienza” di se stessi, dei compagni. Una sorta di rapida introspezione su ciò che vogliamo essere e di ciò che vogliamo trasmettere agli altri. Così ci si rivolge al compagno di pratica all’inizio e al termine della stessa. Quando si invita un compagno a praticare ci si rivolge a lui dicendo ONEGAI SHIMASU. “Shimasu” deriva dal verbo “suru” che significa “fare” mentre “Onegai” viene dal verbo “negau” che significa “pregare per (qualcosa)” o “desiderare (qualcosa). Se letteralmente è traducibile quindi con “io spero che il nostro rapporto porti a buone cose in avvenire.” nel mondo marziale è tradotto con “prego lasciatemi addestrare con voi.”

Se nella forma ciò si palesa con un inchino, nella sostanza è un modo per chiedere all’altra persona di insegnarci e affermare a nostra volta che con umiltà accettiamo l’insegnamento. Al termine della pratica esclamiamo ARIGATOU GOZAIMASHITA utilizzato come forma di ringraziamento o apprezzamento. Ma per capire il significato profondo di ”arigatou” dobbiamo capire prima il significato nella sua forma di aggettivo ovvero “arigatai” che significa “raro che esista” da cui derivano “eccellente”, “prezioso” e “apprezzamento”. Gozaimashita è invece la forma passata di gozaimasu che si usa per rendere cortese/formale una frase. L’intera espressione si può per cui tradurre come “Lo apprezzo perché questo non mi succede tutte le volte”. Nel nostro ambito marziale, ricollegandosi al significato di onegai shimasu, si può tradurre come “ho apprezzato il tuo insegnamento”, “ho apprezzato allenarmi con te”.

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Quando ci inchiniamo, pieghiamo la schiena e la testa scende all’altezza del cuore, questa immagine per me è molto evocativa. In  un semplice gesto dimostriamo all’altro che mettiamo la mente (la testa, il ragionamento) allo stesso livello dello spirito (il cuore, l’anima) in un magico equilibrio di yin e yang. Per comprendere appieno questo discorso va detto che il “saluto” è reciproco e mai unilaterale. Sensei, Sempai e Kohai lo esclamano all’unisono a indicare che non esiste qualcuno migliore di un altro ma indipendentemente dal grado, dal colore della cintura, tutti sono uguali e tutti possono/devono imparare da tutti. Capiamo, dunque che il saluto non simboleggia una superficiale e ipocrita manifestazione di educazione da esibire a comando. Se eseguito tenendo a mente il suo vero significato è una doccia di umiltà che ha l’effetto di incatenare il demone dell’egoismo e dell’arroganza. La comprensione, il rispetto e l’attuazione dell’etichetta  provvede a mantenere la pace tra le persone. Ciò è magistralmente riassunto da una frase di Matsumura Sokon, che all’età di 76 anni scrisse quanto segue (nel 1885): “Una persona che è veramente umile avrà sempre una calma interiore”.

Quando le persone sperimentano certe emozioni e pensieri si comportano in modi molto prevedibili. Quando siamo tristi, piangiamo. Quando siamo felici, abbiamo un’espressione sorridente sul volto, quando siamo d’accordo, noi annuiamo automaticamente con la testa. Il nostro corpo mostra il nostro stato d’animo, ma ciò è vero anche al contrario, cioè uno stato d’animo può essere indotto da un atteggiamento del nostro corpo. Infatti, secondo un’area di ricerca nota come psicologia propriocettiva, che attraverso il supporto di seri studi e convincenti esperimenti, l’idea inizialmente controversa ha trovato riscontro. Una delle esperienze scientifiche più convincenti fu lo studio del 1980 per merito dello psicologo Fritz Strack ed i suoi colleghi, i quali chiesero a due gruppi di persone di giudicare quanto trovavano divertenti delle vignette umoristiche. Questi due gruppi sono stati invitati a votare quanto si sentissero felici durante la lettura di alcuni di questi fumetti, ma in due circostanze differenti. A un gruppo è stato chiesto di tenere una matita tra i denti, per garantire che essa non  toccasse le labbra, facendo assumere di conseguenza un’espressione forzata molto simile al sorriso. L’altro gruppo, invece doveva tenere la matita solo con le labbra chiuse, assumendo pertanto una tipica espressione imbronciata. In poche parole il primo gruppo che forzava il sorriso trovava molto più divertenti le vignette del secondo gruppo che forzava un’espressione cupa. Senza rendersene conto i partecipanti tendevano a vivere le esatte emozioni associate con le loro espressioni create artificialmente. Tutto questo diventa più interessante nel momento in cui scopriamo che sono influenzati molti aspetti del nostro comportamento, compresa l’interazione con gli altri in modo più positivo, pertanto il nostro stesso modo di comportarci, di mostrare un atteggiamento agli altri, influenzerà chi abbiamo di fronte, coinvolgendolo nel nostro stato mentale attraverso il linguaggio del corpo. Ora sta a noi trasmettere positività o meno, sta a noi accettare di condividere insieme un percorso collaborativo di miglioramento di noi stessi e di conseguenza degli altri…

Rifletteteci la prossima volta che fate il Rei.

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