GI

Gi: Rettitudine, dovere. Il Comportamento Giusto.

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3) Il Karate è rettitudine, riconoscenza, perseguire la via della giustizia.

Karate wa, gi no taske

Gi___Righteousness_by_KisaragiChiyoCome avevate ben intuito, Karate-Gi non è un blog dove si parla soltanto di attrezzature per il Karate, ma vuole essere anche un punto di incontro per pensieri e sensazioni nell’esperienza del vivere il Karate Do.

Gi in Giapponese, Yi in Cinese, Dharma nella lingua Indiana significa: Rettitudine, senso del dovere. . . . . . Per Confucio il Gi definisce il DEVI di una situazione, è un imperativo categorico, è ciò a cui bisogna attenersi, definisce i particolari doveri di una persona da compiersi per se stessi, perché corrispondono a ciò che moralmente deve essere fatto. Nella società dei Samurai era tenuto in gran disprezzo un comportamento non morale, dettato dall’interesse personale e dal profitto, e anche negli Analecta di Confucio viene detto: ” L’Uomo Nobile si Interessa al Dovere, l’Uomo Comune al Profitto. Quindi agire nella conformità del Gi significa che ci si piega per ragioni morali alle esigenze di una situazione senza pensare al proprio interesse. Gi in effetti è una delle cinque grandi virtù le altre sono:

Jin è sensibilità umana,

Rei etichetta,

Chi la saggezza,

Shin la sincerità.

Se l’idea di Gi può apparire piuttosto formale, unita al concetto do Jin: la sensibilità umana, diviene molto più concreta. La sensibilità umana consiste nell’amare gli altri. Solo colui che veramente ama gli altri è capace di adempiere i propri doveri in società. Quindi l’essenza formale dei doveri dell’uomo nella società è il ” Dovere”, ma la sua essenza materiale è l’amore verso il prossimo. Per questo l’uomo superiore comprende il Gi il dovere, e l’uomo comune il profitto. Inoltre aggiungiamo che Dharma, è anche un termine guerriero che designa ciò che costituisce la nostra natura autentica, la rettitudine. Questo aspetto del Dharma o del Gi: la rettitudine è il fondamento della morale e dell’etica umana, della legge naturale dell’universo, definisce il dovere inerente alla natura interiore di ciascuno, nella società è la legge legata alla casta.

Per i samurai, come Kyshatrya (Casta guerriera a cui apparteneva Bodhidharma, monaco indiano che getto in Cina le basi del futuro Karate) la legge è il combattimento e la morte.

Solo la fedeltà al proprio Dharma, Gi (Il dovere inerente alla natura interiore di ciascuno) potrà permettergli la realizzazione spirituale ed il superamento dell’effimera condizione umana.

Nella Bagavagita il Dio Khrisna dice al guerriero Arjuna sul campo di battaglia dove sono schierati i due eserciti che stanno per darsi battaglia e nei quali sono presenti in opposte fazioni parenti ed amici: ” Guardando al tuo proprio dovere (Dharma) non hai ragione di tremare. Per un guerriero non c’è infatti cosa migliore di un giusto ( Nel senso di dovere) combattimento come questo, che capita così senza cercarlo e spalanca le porte del cielo. Un tale combattimento, i guerrieri, o Arjuna, lo attendono grazie alle azioni meritorie fatte in passato”. Per un guerriero dunque secondo questo poema spirituale indiano il combattimento è una porta aperta verso il cielo. L’azione sarà spiritualmente efficace se conforme alla natura interiore di colui che la compie. La via del guerriero sarà dunque quella di agire in conformità alla propria natura interiore con lo scopo di conseguire una realizzazione spirituale secondo il modo di essere uomo di ciascuno. Ogni Do o Via non ha altro significato. Esteriormente sembra che tutte le discipline conducano alla realizzazione attraverso la maestria di una tecnica o la conoscenza di un’arte, e la rettitudine è , secondo Mencio, una astratta e diritta via che riporterà l’uomo nel paradiso perduto. Per un samurai il codice di vita e d’onore si riassume nella nozione di GI-Ri, GI-Ri è inoltre dovere, la giustizia, ciò che occorre fare per l’onore personale. Nel Giappone dei Samurai ogni classe aveva il proprio GI-Ri, e questo Gi-Ri diventa sempre più esigente man mano che si saliva nella gerarchia sociale. Per il Samurai, esponente della classe eletta, il Gi – Ri o codice, riassumeva le esigenze più rigorose di tutta la gerarchia sociale.

Inoltre secondo la religione Shintoista la vita è un dono degli Dei. Di conseguenza non bisogna rischiare e male usare la propria vita, in particolare il Samurai che giocava con la propria vita e l’altrui esistenza era considerato persona di poco conto.

Per concludere queste brevi note, vogliamo sottolineare il fatto che quando un occidentale si avvicina all’oriente, spesso entra in contatto con un mondo di cui vede solo una parte e di cui molto sembra astruso ed oscuro. Parimenti lo studente di un Arte Marziale Tradizionale dovrebbe avere la percezione di entrare in contatto con qualcosa di molto profondo e complesso che funziona con un proprio codice e con le proprie regole. Nella moderna società dove il valore dell’esistenza umana troppo spesso si definisce in rapporto all’avere o comunque ad esigenze che sono esteriori all’umanità ritrovare un senso del dovere, verso se stessi e verso gli altri, coltivare un senso di giustizia nel rispetto dei valori e delle leggi dell’universo è ancora possibile, la tradizione ci può assistere con il suo patrimonio culturale e con la sua esperienza di migliaia di anni.

La ricerca della verità per l’umanità parte dalla rimozione degli interessi personali. Giusto o sbagliato non è mai motivo di dubbio, agire disonestamente è motivo di vergogna. Questo pensiero di onestà è alla base del nostro “jinkaku kansei ni tsutomuru koto” del Dojo Kun.

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